Installare Nest in Italia

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“Posso resistere a tutto, tranne che alle tentazioni”. L’aforisma di Oscar Wilde è da sempre il tormento del geek e Tony Fadell, tra gli inventori di iPod ai tempi in cui lavorava per Apple, lo sapeva bene quando si è presentato sul palco di LeWeb12 a Parigi lo scorso Dicembre a mostrare il suo Nest “The Learning Thermostat”.

Forte di un buon successo di vendite negli Stati Uniti e in Canada, dove il Nest è commercializzato dal 2011, Fadell annunciava l’intenzione di presentarsi sul mercato europeo: nessuna data di lancio prevista, solo una generica intenzione. Esiste un modo più crudele per stuzzicare la curiosità di migliaia di geeks del vecchio continente?

Da quel momento i risultati di “Nest in Europe” su Google hanno cominciato a prendere vita, sono cominciate ad apparire sulla rete accenni, domande, tentativi di installazione. Se avete ascoltato gli speciali di Digitalia registrati a LeWeb12 sapete quanto il termostato di Fadell abbia suscitato la mia curiosità, e vista la risposta degli ascoltatori alle prime considerazioni sulla possibilità di installarlo in una casa italiana, ho deciso di dare una spolverata alle mie (scarse) nozioni di elettrotecnica e cimentarmi nell’impresa.

Mettere le mani sul Nest in Italia è ormai semplice e rapidissimo. Ordinato su Amazon.com (USA) con spedizione global priority è arrivato a casa 3 giorni dopo.

Come previsto da quanto letto in giro per la rete, l’installazione del Nest in una casa italiana non è così semplice come illustrato sul sito di NestLabs. Penso sarà un tema ricorrente nel fenomeno della “Internet of Things”: la rete ci ha abituato a scaricare software e acquistare hardware appena commercializzato negli Stati Uniti, con il solo eventuale ostacolo della lingua quando il prodotto al momento del lancio non sia ancora stato localizzato in italiano. I prodotti della Internet of Things devono “parlare” una lingua ulteriore: quella delle altre “things” con cui sono destinate a interfacciarsi.

Come ho dovuto annullare l’ordine della serratura Lockitron dopo aver appreso che il modello finale non va proprio d’accordo con le porte più comunemente installate in Italia, così l’installazione di un Nest su un impianto di riscaldamento italiano necessita di una serie di aggiustamenti sia sui collegamenti elettrici, sia sulla rete domestica a cui verrà connesso.

In questo articolo cercherò di illustrarvi la parte hardware della procedura di installazione, in un post seguente vedremo invece come configurare la rete.

Una importante raccomandazione prima di entrare nel dettaglio: la corrente elettrica è pericolosa e la prudenza non è mai troppa. Anche se i moderni impianti sono dotati di protezioni salvavita, un incontro ravvicinato con la 220V non è mai un’esperienza piacevole e può risultare anche letale. Salvavita, interruttore sul contatore e interruttore generale devono essere sempre tutti su off; guanti e scarpe di gomma sempre indossati; e verificare con un tester che tutte le parti elettriche siano veramente prive di tensione prima di mettere mano ai fili. Può capitare che un condensatore sia ancora carico, o addirittura che una linea elettrica in casa scavalchi il salvavita e arrivi diretta dal contatore (verificato in prima persona).

Nest è provvisto di collegamenti per pilotare impianti di differente configurazione: prevede fino a 3 linee di riscaldamento, 2 linee di condizionamento, pompa di calore con generatore ausiliario e di emergenza, (de)umidificatore e ventola. Per facilitare l’installazione sul sito sono presenti le istruzioni che permettono di scollegare un termostato presente in casa e collegare i fili presenti ai vari contatti sul Nest. La mia esperienza si limita all’installazione su un impianto costituito da una singola caldaia a gas collegata a classici termosifoni, il tutto comandato da un termostato programmabile.

Al termostato originale arrivano 4 fili: due di alimentazione (nella foto fili arancione e blu) che tengono in carica la batteria del termostato, e due fili di controllo provenienti dalla caldaia (bianco e rosso nella foto). Questi ultimi sono il circuito di comando della caldaia: quando il contatto è aperto non passa corrente e la caldaia rimane inattiva, quando si chiude il circuito la caldaia parte. Le sigle NC, C e NO sul termostato originale indicano proprio questo.

* C = common, il filo comune ai due circuiti possibili
* NC = normally closed, passa corrente normalmente (quando il termostato non vuole riscaldamento)
* NO = (normaly open) passa corrente solo quando il termostato è attivo

Collegando C e NO ai due fili della caldaia si ottiene che quando il termostato decide di attivare il riscaldamento chiude il circuito tra C ed NO, la caldaia “sente” la corrente e si accende.

Pur essendo diverse le sigle sui contatti, dalla documentazione su Nest.com e facendo un po’ di ricerche sulla rete si capisce che i contatti W1 ed RH (W1=white 1, RH=red heating) degli impianti americani hanno esattamente la stessa funzione: quando si vuole attivare il riscaldamento Nest chiude il circuito tra W1 e RH.

A questo punto sembrerebbe una cosa semplice collegare i cavi precedentemente collegati a C e NC sul vecchio termostato ai contatti W1 e RH del Nest, ma un rapido controllo col tester mostra tra filo bianco e filo rosso una tensione di 220V-AC (corrente alternata) mentre il Nest è progettato per i sistemi USA che usano per lo più un circuito di controllo a 24V-AC.

Una verifica sullo schema elettrico della caldaia conferma quanto misurato dal tester: su uno dei due contatti che vanno al termostato è collegata la fase della 220.

Occorre quindi realizzare due circuiti separati e dipendenti uno dall’altro: quello del Nest a 24V-AC e quello della caldaia a 220V-AC. Questo si realizza agevolmente attraverso un relè e un trasformatore 220V-AC -> 24V-AC.

La funzione del relè è proprio quella di realizzare due circuiti separati elettricamente ma dipendenti uno dall’altro. Si tratta fondamentalmente un interruttore comandato dall’elettricità: nella sua forma più semplice prevede un circuito “di comando”, dove faremo passare corrente solo quando vogliamo che nel secondo circuito “di potenza” passi corrente. I due circuiti però rimangono elettricamente isolati uno dall’altro, permettendo quindi di utilizzare due tensioni differenti.

Nel caso specifico ho utilizzato un trasformatore Schneider Electric 15219 e un relè Finder.

Il collegamento di base è molto semplice: si collegano i contatti del trasformatore per la 220 alla rete elettrica di casa (i fili arancione e blu di alimentazione del vecchio termostato). Dopodichè si procede a realizzare un circuito di comando del relè operato dal Nest: si collega un contatto dell’uscita 24V-AC del trasformatore al contatto RH del Nest, il contatto W1 del Nest a uno dei due contatti di comando del relè, e l’altro contatto di comando del relè al secondo contatto 24V-AC del trasformatore. In questo modo quando il Nest non vuole riscaldamento il circuito di comando del relè è aperto (spento), quando il Nest comanda l’accensione sul circuito di comando del relè arriva la tensione a 24V-AC che attiverà l’interruttore chiudendo il circuito di potenza. A questo punto non rimane che collegare i due contatti del circuito di potenza ai due fili di comando della caldaia, i fili rosso e bianco collegati al termostato precedente.

Collegando il tutto e montando il Nest sulla sua base si verifica che il circuito funziona a dovere, il Nest si accende, e la caldaia risponde correttamente ai suoi comandi. Rimane però un dettaglio: come si carica la batteria del Nest?

Il termostato precedente prendeva corrente direttamente dal circuito 220V di casa che era separato da quello di comando. Il Nest adotta una strategia differente: utilizza la tensione 24V sullo stesso circuito di comando per tenere la batteria carica. Ci si può chiedere come possa riuscirci anche quando la temperatura di casa è alta e la caldaia deve rimanere spenta: se chiude il circuito di comando per alimentare la batteria la caldaia si accorge che sul circuito passa corrente e si accende. Per evitare che la caldaia si attivi Nest sfrutta l’inerzia del circuito di accensione della caldaia stessa: tra il momento in cui sul circuito di comando passa corrente e quando l’apparato a gas si accende passa un po’ di tempo. Nest quindi si carica aprendo e chiudendo in continuazione il circuito di comando, facendo passare ogni volta abbastanza corrente da caricare la batteria, ma non abbastanza da far partire la caldaia.

Essendo il tipo di relè da me utilizzato discretamente rumoroso (quando si attiva si sente un clack pronunciato), durante la fase di carica è assolutamente evidente un suono continuo TRRRRRRRRR prodottto dal continuo attivarsi e disattivarsi del circuito. Non sono abbastanza esperto da valutare la robustezza del relè e le implicazioni per la caldaia di questo tipo di comportamento, ma la cosa non mi pare particolarmente elegante. Per fortuna Nest prevede la possibilità di prendere carica per la batteria senza attivare il circuito di comando attraverso un contatto C (common). In sostanza quando ha bisogno di carica Nest fa passare corrente tra i contatti RH e C, lasciando inattivo W1.

Per adattare il nostro circuito basta collegare un ulteriore filo tra il contatto a 24V del trasformatore dove è già connesso il relè e il contatto C sulla base del Nest.

Riattivando l’impianto e montando il Nest si verifica che il termostato si carica ma il relè rimane silenzioso e inattivo fino a quando la temperatura non scende sotto a quella impostata sul Nest, a quel punto con un bel click del relè si sente partire la caldaia.

Missione compiuta: ora non resta che configurare il Nest e collegarlo alla rete WiFi di casa. Qui interverranno ulteriori problemi: Nest richiede il CAP della città dove è installato per scaricare dalla rete ora locale, temperatura esterna e previsioni del tempo, ma prevede solo città negli Stati Uniti e in Canada. Dovremo smanettare un po’ sulla rete di casa per fargli capire che anche in Italia si vive benissimo. Lo faremo insieme in un nuovo post di prossima pubblicazione.

Intanto qui sotto trovate alcune immagini dell’installazione finale.

(Nella puntata 166 di Digitalia potete ascoltare discussione e commenti al riguardo)

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